il fondatore

Tra l’enorme mole di informazioni riguardanti la vita e le opere del Maestro Ueshiba Morihei, anche noto tra i praticanti di aikido come O-Sensei, segnaliamo i libri del figlio nonché secondo Doshu Ueshiba Kisshomaru.

  • “Aikido. La pratica”, Ueshiba Kisshomaru, Edizioni Mediterranee, 1993.
  • “Lo spirito dell’Aikido”, Ueshiba Kisshomaru, Edizioni Mediterranee, 1987.

In questa sede vogliamo porre all’attenzione del lettore una vicenda che crediamo sia di particolare interesse per i praticanti di aikido in Italia.
Nel 1943 all’età di 60 anni, al culmine del suo percorso di ricerca nel Budo, stimato consigliere e punto di riferimento per politici e alti ufficiali della marina e dell’esercito giapponese allora nel massimo sforzo bellico, il Maestro Ueshiba improvvisamente ed inaspettatamente si ritira da tutti i suoi impegni, destando non poco scalpore sia nel mondo delle Arti Marziali di cui era il maggior esponente, sia tra i comandanti delle forze armate che volevano utilizzare l’aikido per accrescere il potere distruttivo dei soldati.
Interpellato sul perché di tale scelta, il Maestro Ueshiba rispose che se i principi dell’Aikido fossero stati usati nella guerra per uccidere, il Giappone si sarebbe trasformato in una nazione di démoni. Anziché diventare una Via per lo sviluppo fisico e animico dell’individuo, per l’armoniosa protezione di tutti gli esseri, sarebbe degenerato in un pauroso strumento di distruzione. Impedendo che ciò accadesse, il Fondatore dimostrò chiaramente la natura costruttiva, pacifica e benefica della Via dell’Aiki.
Ed è proprio in questo periodo che un italiano, Salvatore Mergè, divenne il primo allievo europeo del Maestro Ueshiba (probabilmente dal 1938 fino all’otto settembre 1943, quando Mergè fu internato in un campo di concentramento).
Lo scomparso Stefano Serpieri, storico pioniere dell’Aikido in Italia, nel suo articolo apparso sulla rivista dell’Aikikai d’Italia “Aikido” n.32, ci racconta di come avvenne l’incontro tra Salvatore Mergè e il Fondatore dell’Aikido:

(…)L’insegnante di lingua giapponese per il mio corso era il prof. Salvatore Mergè ed era l’anno 1957. La cosa che mi colpì più di tutte al primo incontro fu, che sebbene il prof. Mergè fosse italiano, aveva l’aspetto di un giapponese, per i suoi modi di fare, per la maniera di sorridere e principalmente per quegli occhialini che portava e che davano al suo viso un non so che di orientale. Infatti, il prof. Mergè, studioso insigne di lingua, letteratura, storia e costume del Giappone, aveva soggiornato per lungo tempo in quel Paese durante la seconda guerra mondiale, quale addetto all’ambasciata italiana a Tokyo e quella permanenza sul suolo nipponico l’aveva, forse, un poco trasformato avendo egli assimilato molto degli usi e della cultura giapponese. Fu attraverso i racconti e gli aneddoti che il prof. Mergè ci narrava durante le lezioni di giapponese che ebbi modo di sapere del Maestro Morihei Ueshiba e dell’arte da lui creata: l’aikido. Ecco come raccontò il suo incontro con il Maestro Ueshiba.

Aveva sentito molto parlare delle gesta del Maestro e di questa nuova arte marziale da lui creata l’aikido, ma non aveva mai avuta l’occasione di vedere alcun suo “embukai” (dimostrazione al pubblico). Incuriosito dai racconti che si facevano di questo maestro e della notorietà che si era creata attorno a lui, decise di andare nel suo dojo per conoscerlo ed, eventualmente, essere ammesso ad un corso di aikido. La casa del Maestro Ueshiba e il dojo ad essa annesso era fuori Tokyo e per arrivarci dall’ambasciata italiana, dove il prof. Mergè lavorava, ci voleva oltre un’ora di viaggio in treno. Un giorno, prima di andare al lavoro, si recò presso l’abitazione del maestro, qualificandosi come cultore della tradizione giapponese e dicendo che avrebbe avuto piacere a conoscere O-Sensei. Fu fatto attendere sull’atrio della casa, ma gli fu risposto di ritornare perché il maestro era occupato. Tentò ancora altre volte ma la risposta fu sempre identica.

Finalmente, dopo alcuni tentativi andati a vuoto, fu fatto entrare in casa per ricevere la risposta alla sua richiesta d’incontro con il Maestro Ueshiba. Fu fatto accomodare in una stanza dove c’era un signore anziano che stava leggendo un libro e che non sollevò minimamente il capo quando lui entrò. Dopo un po’ di tempo che lui aspettava, la persona che leggeva si alzò e, senza proferire parola, uscì dalla stanza. Dopo qualche minuto venne la moglie del Maestro Ueshiba e gli riferì che il Maestro si scusava e gli chiedeva se poteva ritornare un altro giorno. Questa situazione si svolse ancora altre volte, con grande sacrificio del prof. Mergè, che doveva affrontare il viaggio fino alla casa del Maestro Ueshiba e poi andare al lavoro presso l’ambasciata italiana di Tokio. Quando arrivò il giorno in cui potè parlare con il maestro lo riconobbe nella persona che non gli aveva mai rivolto la parola mentre attendeva nella stanza della casa di O-Sensei. Fu accettato come allievo, e l’evento fu abbastanza straordinario, poiché il Maestro Ueshiba durante il periodo della guerra non aveva voluto nessun nuovo studente per i corsi di aikido, figurarsi uno straniero!

All’inizio ebbe l’incarico di pulire il dojo prima degli allenamenti mattutini, e il prof. Mergè svolse questo compito con grande scrupolo e sacrificio. Mentre era intento a pulire il dojo, il Maestro Ueshiba si portava furtivamente alle sue spalle e lo colpiva con il bokken. Dopo le prime volte che fu colto alla sprovvista, il prof. Mergè, mentre si applicava alle pulizie del dojo, era molto attento che non apparisse alle sue spalle il Maestro Ueshiba. Infatti, dopo le prime volte che fu sorpreso alle spalle da O-Sensei, in seguito s’accorse sempre della presenza del Maestro dietro di lui. Questo, anche se oggi appare come una stravaganza, fu invece un grande insegnamento che il Maestro Ueshiba diede al prof. Mergè. Gli aveva fatto comprendere che anche se una persona è intenta a fare una qualsiasi cosa deve essere sempre presente a se stesso e vigile di quanto accade attorno a lui. In questa maniera gli aveva insegnato a “sentire” gli attacchi anche da dietro.

Un altro aneddoto che il prof. Mergè raccontò del Maestro Ueshiba, fu che in allenamenti particolari per la padronanza del Ki, provava gli allievi facendoli andare ad avvicinare cani particolarmente rabbiosi o cavalli abbastanza imbizzarriti. Gli allievi mantenendo la loro serenità ed utilizzando il loro Ki dovevano tranquillizzare gli animali e divenirne amici. Tutti questi racconti sul Maestro Ueshiba avevano destato in me più che una semplice curiosità. Intravedevo nell’aikido il cammino che avrei dovuto percorrere per iniziare una via di conoscenza interiore, e nel Maestro Ueshiba la guida spirituale che cercavo. Di tutto questo ne parlai con il prof. Mergè che mi ascoltò con attenzione e curiosità, ma l’unica cosa che ottenni da lui fu che una sera venne nella palestra di judo che allora frequentavo e mi fece vedere, anzi più che vedere spiegò, alcune tecniche di aikido parlando di unione di Ki ed altre cose che in quel momento non capii.

Un giorno tutti noi studenti dei corsi di lingua giapponese fummo invitati presso l’ambasciata del Giappone per una conferenza sulla cultura di quel Paese. In quell’occasione il prof. Mergè mi presentò una ragazza giapponese che si trovava in Italia per studiare arte, anzi scultura, presso il laboratorio di Pericle Fazzini. Nella presentazione che fece disse che anche la ragazza studiava aikido, e mi presentò a lei come uno studente di lingua giapponese molto interessato a quest’arte marziale. La ragazza si chiamava Haru Onoda. (…continua)

A rigor di cronaca va detto che non è facile ricostruire la verità storica riguardo questa vicenda, in quanto vi sono dei praticanti anziani che ricordano un primo incontro in treno, dove il Maestro Ueshiba pur non conoscendo il Mergè lo invitò tramite il suo segretario personale ad andarlo a trovare a casa sua. Quest’ultima versione può sembrare bizzarra, ma è probabile che per il Mergè lo fu meno, in quanto “studioso” di esoterismo della tradizione occidentale.
Quello che senza dubbio interessa al praticante di aikido occidentale, è che l’essenza dell’insegnamento spirituale dell’aikido non solo non contrasta con quella delle migliori tradizioni spirituali occidentali, ma si può affermare che l’aikido è uno straordinario strumento di ricerca personale che completa ed arricchisce in maniera naturale percorsi di conoscenza e forme di arte di matrice sia occidentale che orientale.
Il grado di intensità e di profondità della pratica si amplia col tempo, così da poter assimilare questo percorso ad un viaggio, ad una avventura dello spirito.